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CRISTOCENTRISMO per MARIA SS.ma MADRE DELLA CARITÀ
CRISTO, il Cavaliere della Carità per antonomasia:
"E' nel Cristo, come il Vangelo ce lo presenta, che il Cavaliere troverà il modello compiuto di tutte le virtù che devono caratterizzare il Cavaliere della Carità. Quindi egli imiterà il Cristo nella sua totalità, tanto dal punto di vista soprannaturale come nella sua umanità. Questa imitazione totale del Cristo è quella che deve caratterizzare i Cavalieri della Carità" (St 1, art. 19).
CRISTO, modello dell'Uomo perfetto per ogni persona:
"Gesù Cristo è il nostro modello: Egli si è incarnato, è venuto ad abitare in mezzo a noi … per mostrarci con il suo esempio la nuova vita nella carità che Egli vuole che noi viviamo" (O Nella sua lettera).
MARIA SS.ma mediatrice nostra presso Cristo:
"Possiamo saltare come vogliamo nell'intento di raggiungere Dio, tutti i nostri sforzi saranno inutili se non passeremo per la Vergine Maria. Gesù Cristo è venuto fino a noi tramite la Vergine Maria; è per mezzo di Lei che noi ritorneremo a Dio" (P 1985.09.18; 00018F*614).
"Maria lo configurerà perfettamente al suo Divin Figlio e Lei, che è la Madre della Carità, lo farà amare come Cristo ci ha amati" (St 2, art. 48).
I VOTI RELIGIOSI
La castità: felice di amare: "la vostra carità sorga da un cuore puro" (T. Sp. 4 )
"La castità ... è la chiave della perfezione evangelica che trascina con sé tutte le altre virtù e facilita la loro crescita sino ad un grado eroico" (St 2, art. 19). "Con la sua vita casta e pura, il Cavaliere della Carità raggiunge la piena formazione del suo carattere e di tutta la sua personalità. La castità rende più penetrante l'intelligenza e la innalza alla contemplazione delle realtà soprannaturali; da essa promana una grande forza di volontà e la perseveranza; essa suscita alte e nobili aspirazioni e trasforma la persona in intraprendente e costruttiva. Vivendo casto e puro, il Cavaliere non avrà nessuna difficoltà nel vivere la vita comune e nel trattare con la gente; infatti l'egoismo restringe il cuore umano, ma la castità e la purezza lo purificano e gli permettono di dilatarsi sino a raggiungere la sua piena misura così che possa amare con tutte le sue forze" (St 1, art. 35, 34).
"Il Cristo incarnandosi ha assunto tutta la natura umana: anima, spirito e corpo; tutto quindi nella nostra natura umana è buono, deve servire per santificarci e nulla può essere disprezzato o rigettato, né lo spirito né il corpo: "per questo non è permesso all'uomo disprezzare la sua vita corporale; al contrario egli è tenuto a considerare il suo corpo come buono e degno d'onore" (Costituzione pastorale Gaudium et spes, n°14). Ciascun Cavaliere deve possedere una conoscenza realistica ed una giusta valutazione della vita sessuale alla luce della fede ed avere una solida formazione umana ed un vero equilibrio fisico e psicologico. "La scelta del celibato non comporta l'ignoranza e il disprezzo dell'istinto sessuale e dell'affettività, il che nuocerebbe all'equilibrio fisico e psicologico. Il celibato esige, al contrario, una chiara comprensione, un attento dominio di sé stesso ed una sublimazione delle forze psicologiche a un livello superiore. In questo modo, eleva l'uomo anima e corpo e contribuisce effettivamente alla sua perfezione" (Paolo VI, Enciclica Sacerdotalis caelibatus, n° 55). Tuttavia nessun Cavaliere presumi delle proprie forze e con prudenza eviti tutto ciò che può ferire in lui la tanto bella virtù della castità consacrata." (St 1, art 37; St 2, art. 20).
L'obbedienza: "la vostra carità sia sempre ordinata dall'obbedienza al bene (cfr T. Sp. 4)
"Amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato" (Giov. 14, 31). In queste parole, così semplici in apparenza, si nasconde tutto il segreto della vita interiore ed esteriore di Cristo. Il proprio dell'amore è di unire le volontà ed è per questo che l'obbedienza a Dio suo Padre è stata la caratteristica fondamentale di tutta l'esistenza terrestre di Cristo ... Il Vangelo ci mostra pure come Cristo sia stato sottomesso sia a Giuseppe che a Maria per amore di suo Padre e S. Luigi-Maria Grignon di Monfort arriva ad affermare che "Gesù Cristo ha reso più gloria a Dio suo Padre con la sua sottomissione a sua madre durante trent'anni, che se avesse convertito tutta la terra con la realizzazione delle più grandi meraviglie" (Trattato della Vera Devozione alla Santa Vergine, n° 18). Che il Cavaliere imiti dunque Cristo, che è il modello perfetto dell'obbedienza, e che la pratica rigorosa dell'obbedienza, ispirata da uno spirito di carità, sia continuamente presente in tutto l'Istituto e nella vita personale di ciascuno dei Cavalieri della Carità (St 2, art. 22).
"Tutti i membri dell'Istituto devono obbedienza e venerazione al Santo Padre, essendo il Vicario di Cristo in terra e il Capo supremo della Santa Chiesa Cattolica" (St 2, art. 91).
"Ciascun Cavaliere della Carità deve applicare tutti i suoi doni naturali e soprannaturali, tutta la sua intelligenza e la sua volontà, alla fedele esecuzione degli ordini ricevuti e del suo dovere di stato. All'esempio di Cristo che ha voluto realizzare sino nei minimi dettagli l'opera della Redenzione (cfr. Gv. 19, 28-30), che il Cavaliere della Carità, sia nelle minime cose che nelle più grandi, obbedisca con gioia, prontezza e responsabilità agli ordini e ai desideri dei Superiori nei quali deve sempre vedere i rappresentanti di Dio" (St 2, art. 24).
Povertà: "la vostra carità sia grande e senza calcoli" (T. Sp 4)
"Che il Cavaliere della Carità abbracci per amore la povertà evangelica, esteriore ed interiore ... Il Cavaliere accetterà con gioia e coltiverà con ardore la povertà esteriore; del resto, meno si possiede, più si è liberi. Egli coltiverà pure la povertà interiore, staccandosi da tutto, soprattutto da se stesso, per rimettere tutto il suo cuore al cielo e confidare in Dio per tutti i suoi bisogni, sia spirituali che materiali" (St 2, art. 28).
"La povertà non consiste nel possedere oggetti di cattiva qualità, che si deteriorano rapidamente e che devono sempre venir rimpiazzati; perché questo comporta un vero sperpero, affronto alla povertà stessa. La povertà non consiste neppure nell'utilizzo di cose di cattivo aspetto, poiché non è sinonimo di cattivo gusto. I Cavalieri avranno perciò a loro disposizione oggetti di buona qualità e di buon gusto, senza per questo essere lussuosi. Essi hanno l'obbligo di utilizzarli con grande cura e precauzione, di non risparmiare alcun sforzo per conservarli bene, in modo che questi oggetti possano durare il più a lungo possibile. E' in questo che consiste la vera povertà" (St 2, art. 30).
"Se la vita comunitaria e personale dei Cavalieri della Carità sarà conforme alle esigenze della loro vocazione e soprattutto se i Cavalieri osserveranno rigorosamente il loro voto di povertà, come esso deve essere praticato nell'Istituto, allora secondo la promessa che il Cristo ci ha fatto nel Vangelo, essi non mancheranno di nulla giacché "cercate per primo il Regno e la sua giustizia, e tutto questo vi sarà dato in sovrappiù" (Mt 6, 33)" (St 1, art 56).